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Considerazioni sull'alluvione di Faenza

Questo articolo non è stato scritto da me, ma da un esperto del ramo, il dottor Maurizio Nieddu, geologo, il quale mi ha consegnato queste parole, con la richiesta di diffonderle, cosa che ho fatto con grande piacere. 

 

 

Faenza, 7/05/2023

 

Qggi ho letto per caso, su “Tg La7” questa dichiarazione del  Sindaco Isola: ”Il problema non è l’alveo del Lamone”.

 

Come geologo con più di trent’anni di esperienza professionale sono letteralmente allibito!

Se si rompe un argine, nei nostri fiumi, il problema è soprattutto, se non totalmente, un problema di alveo.

 

Per chi non è del settore spieghiamo: per alveo si intende l’area dove scorre l’acqua e gli argini che la delimitano. Se un argine frana e fa uscire l’acqua addosso alle case dei cittadini direi proprio che il problema è l’alveo, in questo caso del Lamone.

Quindi gli argini, parte fondamentale dell’alveo, devono essere solidi e resistenti, alti quanto serve e controllati e verificati con frequenza, manutenuti regolarmente e, se necessario, rinforzati o rifatti.

 

Non solo, il problema è anche la parte interna dell’alveo, dove scorre l’acqua, che deve essere priva di qualsiasi ostacolo: alberi, cespugli, canne, orti, panchine…

Perché l’acqua deve scorrere il più velocemente possibile verso il mare (e quelli sono tutti ostacoli che la rallentano). Perché meno tempo l’acqua spinge sugli argini meno probabilità ci sono che si rompano.

 

Certo, tagliare alberi fa sempre poco piacere, ma per prima cosa non si doveva farli crescere lì, oppure non si dovevano arginare i fiumi, lasciandoli scorrere nel loro naturale alveo “di piena” (così detto perché è l’area dove va l’acqua dei fiumi quando sono in piena) che, per il Lamone attorno a Faenza, potrebbe essere largo anche parecchie centinaia di metri.

 

Si è invece deciso di arginare i fiumi. Questa scelta (politica), fatta per recuperare terreno alle coltivazioni ed alle abitazioni, è, ovviamente, legittima, ma comporta delle conseguenze che vanno accettate, anche dai politici e dagli “ambientalisti” più intransigenti.   

Insomma… L’alveo deve essere privo di qualsiasi ostacolo, coperto solo da prato, ben tagliato, gli argini devono essere soggetti a regolari verifiche e manutenzioni, perché se cedono succede, come è successo, un disastro, e che tutte le attività (agricoltura, case, strade, capannoni, industrie…) che vengono realizzate in quello che era l’alveo “di piena” sono sempre a rischio di alluvione.

 

Oggi che gli eventi siccitosi e piovosi si alternano con maggiore violenza che in passato diventa indispensabile la corretta gestione dell’alveo, perché, Sindaco Isola, tutto quello che è accaduto a Faenza (a Bagnacavallo, a Boncellino) ed in mille altri posti in Italia è soprattutto un problema di alveo (e di argini che ne sono parte integrante) e degli enti che devono controllarne le condizioni e la stabilità per la sicurezza di tutti.

 

Un esempio è quello che è stato fatto in Germania, dove, in alcuni casi, si sono eliminate tutte le case e le attività dall’alveo “di piena”, demoliti gli argini e lasciato che il fiume utilizzasse i suoi spazi naturali.

 

Forse il Sindaco Isola è stato mal consigliato: più bella figura avrebbe fatto dicendo che i problemi dell’alveo del Lamone non sono solo responsabilità del comune, che anzi probabilmente è quello che ne ha meno, in quanto la gestione degli alvei è di competenza delle Autorità di Bacino (in questo caso quella del PO!!), dei Consorzi di bonifica, delle Comunità Montane… tanto che se un contadino di buona volontà vuole sfalciare l’erba sull’argine dietro casa sua rischia una bella multa…

Ed è anche giusto che il problema venga affrontato per tutta la lunghezza del corso d’acqua e non solo per alcuni tratti, ed ancora è vero che tutto questo sia particolarmente complesso in Italia (soprattutto perché si tratta di fare scelte politiche a lungo termine ed ai nostri politici interessano solo le scelte che influenzano il periodo fino alle successive elezioni…), ma se mai si comincia, mai si finisce!

 

Quindi la prima emergenza da affrontare è quella della sicurezza degli argini, perché avendo deciso (giusto o sbagliato che sia) di arginare i fiumi e di costruirgli accanto case e strade, allora gli argini dovrebbero essere sicuri, contenere le piene e non franare, qualunque siano le condizioni meteorologiche o climatiche che non devono essere una scusa per dire che era un evento straordinario imprevedibile, ma anzi sono proprio i cambiamenti climatici il motivo più pressante per fare sì che gli argini possano reggere anche gli eventi imprevedibili e possano contenere quantità di acqua fino ad oggi non ipotizzata.

 

E concludo.

Pensate che nei Polder Olandesi, che tengono al riparo dal Mare del Nord più di un terzo dei Paesi Bassi, gli argini siano lasciati al loro destino per molte decine di anni, senza controlli, verifiche, collaudi, manutenzione, perché sono talmente lunghi che non si riesce a verificarli tutti insieme e quindi è inutile intervenire solo per piccoli tratti???

No!

Loro fanno controlli in continuazione, senza interrompersi mai, tratto per tratto, in modo che ogni tot anni ogni metro di argine sia verificato.

 

Dott. Maurizio Nieddu - geologo


Categoria: I danni all'ambiente Data di creazione: 07/05/2023
Sottocategoria: Alluvione a Faenza Ultima modifica: 07/05/2023 22:07:09
Permalink: Considerazioni sull'alluvione di Faenza Tag: Considerazioni sull'alluvione di Faenza
Inserita da: Nieddu Maurizio Pagina vista 1165 volte
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